venerdì 18 maggio 2018

Sono solo venditori di fumo e giocatori di tre tavolette.

Capaci di imbonire. Furbi, ma senza la minima fiducia nell’Italia. Convinti che sia in grado di sopravvivere solo grazie a trucchi contabili. Un paese di cui non sanno nulla. “Siamo mediterranei”, ha più o meno detto il Megafono, “con un’economia come quella Greca”. Ma quando mai? Siamo il secondo paese esportatore e la seconda potenza industriale dell’UE; di fatto più simile alla Germania della stessa Francia. Abbiamo mille problemi, ma tutti interni, come dimostra la bilancia dei pagamenti, e che per essere risolti hanno solo bisogno di riforme interne. Riforme, penso sempre a quella della giustizia civile che, però, nessuno ha mai avviato (certo: non si possono scomodare centinaia di migliaia di potenziali elettori) e che non sembrano interessare gli infimi dioscuri del “nuovo”. Le loro prime idee in materia d’economia? Una barzelletta. “Gigi, ti ricordi quei mille Euro che mi hai prestato? Ecco, te ne vorrei ridare novecento, e non escludo di farlo usando i soldi del Monopoli. Capito? Bene, ora mi presteresti altri cento Euro? No? Come no? Ma allora è un complotto!” Baggianate che berranno solo i loro elettori. Così vecchi. Decrepiti. Fermi ai nostri anni ’80 e al loro scellerato patto sociale. Libera evasione fiscale per far contenti i ceti produttivi; pletore di assunzioni nel pubblico impiego e pensioni come se piovesse per tener buoni tutti gli altri. Risultato, anche senza tirare in ballo tangenti e appalti? Burocrazia elefantiaca, sistema previdenziale insostenibile e devastazione dei conti pubblici: nel 1992 siamo arrivati a un passo dal fallimento e dal vedere la Lira ridotta a carta straccia. Esito da ricordare a chi pensa che si possa tornare a quel modello di (sotto) sviluppo. Cittadini “col trucco”, vogliosi di una libertà senza responsabilità. Per cui lo stato, se da una parte ha ogni colpa, dall’altra può tutto. In questo perfetti residuati del ventennio, avanzi del CAF e discepoli di Tremonti. Sicuri che bastino la maschia volontà del duce o un po’ di “creatività” contabile per generare ricchezza. Cittadini che, come tutti i truffati, sono in fondo complici dei propri truffatori. Di una genia di politicanti nuovi solo nei modi atroci e per il resto affetti da arteriosclerosi precoce. Urlatori che hanno torto anche quando potrebbero aver ragione. Il debito pubblico pesa anche su Francia e Spagna. Una sua riduzione, con conseguente svalutazione dell’Euro (che finirebbe per essere pagata da tutti gli europei) dovrebbe essere considerata. Una questione, però, da discutere nei dovuti modi, dando prova di dignità e serietà. Mi viene in mente De Gasperi a Parigi nel 1946. Davvero con le pezze al culo, volando su un residuato bellico, andò a presentare le ragioni di un grande paese. Sconfitto, in macerie, ma sempre un grande paese. L’Italia e non la miserabile e berciante repubblica bananiera che un branco di guitti, già capaci di fare danni miliardari solo con i loro sproloqui, pensa di dover governare.

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