domenica 1 luglio 2018

Per fortuna ho creduto di dover morire.

Dodici anni fa. Niente di troppo grave: alla fine sono qui che vi scrivo. Solo tanta paura, prima. Poi, dopo notti insonni, una strana calma. Una quieta forza. E la decisione di lasciare la bella casa, il macchinone e il lavoro molto ben pagato. Tutto quel che all’improvviso mi è sembrato secondario. Semplicemente perché non potevo perdere altro tempo lontano dal mare e cercando d’essere quello che non ero. Secondo molti sono impazzito. Invece, ero maturato. Finalmente. Una nota personale che, forse, avrei potuto evitare citando un libro: “Essere e tempo”. Non credo di averlo davvero capito; di certo non tutto. E’ troppo densa la scrittura di Heidegger; mi fa venire il mal di testa. Un concetto, però, l’ho afferrato. Proprio per aver vissuto quei momenti. Prima o poi si raggiunge quella che Heidegger chiama “età della deiezione”. (Sì, fa un po’ ridere quel termine ...). Un’età in cui ci spogliamo del superfluo per concentrarci sull’Essere. Sull’essenziale, se volete. Un momento che arriva quando la fine di tutto smette di essere una vaga idea per diventare una certezza di cui resta ignota solo l’ora. Quando ci dobbiamo confrontare con quella che Heidegger definisce “la possibilità della mancanza di possibilità”. Qualcosa di molto simile alla fase storica che stiamo vivendo. Mentre contempliamo la possibilità della fine della democrazia e la sua deriva verso un autoritarismo che di democratico conserva solo la forma. Mente assistiamo alla trasformazione dell’Europa in una somma di rancorosi nazionalismi. A una generazione, al massimo, dall’abisso. Una visione che rende assurdo esitare oltre. Non fatemi torto. Non chiedetevi quale capo o capetto della sinistra abbia in mente. Per me sono solo nomi. Non penso neppure alla sola sinistra. Ricordo i nostri padri e nonni. Quello che fecero nel 1943, anche loro davanti alla “mancanza di possibilità”. Rimasero comunisti o cattolici, liberali o socialisti, ma trovarono il modo di lottare assieme. Di restare uniti fino ad avviare una ricostruzione più facile, per molti versi, di quella che ci aspetta. Mentre sono in rovina anche le categorie del vero e del giusto. Mentre vanno ricreate le condizioni minime per fare politica. La ragione ultima per cui spero, alle prossime elezioni, se e quando ci saranno, di poter votare per un nuovo CLN. Quale che sia il suo nome. Quali che siano i partiti che lo comporranno. Chiunque sia il suo candidato. Non una resa agli eventi ma, appunto, un atto di maturità. Doveroso, mentre troppi adolescenti mai cresciuti, tanto infantili da credere ancora alle favolette, continuano a sognare “l’uomo forte”.

Nessun commento:

Posta un commento