lunedì 11 febbraio 2019

La luce viene dall’Abruzzo.


Senza ironia. Anche messo in conto il valore locale di quelle elezioni, ora tutto è molto più chiaro. E più preoccupante per la coalizione giallo-verde. Scritto così, con il trattino. Come si rende obbligatorio, ora che quei due colori appaiono più distinti. Il risultato della prevedibile sconfitta grillina. Gli originali, da sempre, sono preferiti alle copie. Il M5S lo ha appena sperimentato grazie all’insipienza politica di Sua Azzimata Nullità. Incapace di far valere con l’alleato una preponderanza parlamentare schiacciante. Mai all’attacco. Sempre all’inseguimento. Fino a perdere, nel giro di pochi mesi, la metà dei propri voti. Fino a regalare alla Lega un “successo” che dovrebbe solo preoccupare Sua Ferocia. Al culmine della propria popolarità, ma incapace di attrarre nuovi consensi. Ingrassatosi, sì, ma solo spolpando il proprio alleato. Fagocitando voti che, in fondo, erano già suoi. Di elettori che avevano votato il movimento anche per le sparate contro lo ius soli del Megafono; per le sue strizzatine d’occhio a CasaPound e, più in generale, a tutto il neo-fascismo. Leghisti dentro, che solo dovevano dimenticare qualche decennio d’insulti antimeridionali per passare alla Lega. Come hanno puntualmente fatto. Perché, dal Brennero a Pantelleria, l’Italia è un paese senza memoria. Perché non c’è nulla di più italiano che correre in soccorso del vincitore. Di Sua Truculenza per cui ieri credo sia cominciato il declino. Ma come? Ma perché? Prima di tutto, proprio perché il delusissimo e deludente movimento, liberatosi dei propri “leghisti”, finito il sogno di strappare voti a destra, non potrà che assumere posizioni molto più critiche. Questo o, semplicemente, sparire. Poi perché se era scontato lo sfondamento leghista nel Centro-Sud, non è per niente garantita la tenuta leghista al Nord. In un Settentrione cinico. Che non brilla per solidarietà, neppure nei confronti dei milioni (ma quanti sono?) che avrebbero diritto al “reddito di cittadinanza”. In una parte del paese che, magari, non vorrà neri per strada, ma ancora meno vuole vedere calare i fatturati delle aziende. Di fabbrichette e laboratori che, altro che sparate antifrancesi, sono europeisti per definizione; che hanno nel resto d’Europa i propri clienti. Il tutto, mentre metà dell’elettorato non è andata alle urne. Refrattaria ai selfie, alle comparsate in uniforme e ai “me ne frego”. Difficilmente nuovi rulli di tamburi sovranisti la convinceranno ad alzarsi dalle poltrone. Potrebbe farlo, invece, chi fosse in grado di convincerla che dal suo voto dipende davvero il futuro del paese. Chi si presentasse con un programma perlomeno sensato. Fatto di riforme necessarie quanto possibili. Di quel poco, in fondo, che basterebbe per tornare a crescere. Qualcosa alla portata di una coalizione che guardi a sinistra. A una sinistra che, per cominciare, esiste e resiste. Cui basta presentarsi più o meno unita per avere un terzo dei voti. Altro che “state sparendo”. Altro che “siete in via d’estinzione”. Pii desideri di un giallo che pare, quello sì, in via di liquefazione. Sogni di un verde che sarà splendido, ma, se si guarda bene, ai bordi sta già cominciando ad appassire.

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