giovedì 19 aprile 2018

Le Baccanti chiudono la grande stagione della tragedia greca.

L’hanno ricordato Giacomo Poretti (sì, quello dei film con Aldo e Giovanni) e Luca Doninelli nella lezione “La Paura che non ti aspetti” che hanno tenuto durante il Festiva del Reading di Lomazzo. Lezione davvero magistrale, così stimolante da spingermi a nuove riflessioni sul testo di Euripide; su di un’opera che, più che mai, credo anche abbia valore di avvertimento. La nostra civiltà è nata nella luce d’Apollo; è il risultato di un lungo viaggio nella notte verso l’età della ragione. Noi, però, non siamo solo quello. Il dionisiaco, il ctonio, è pure parte della nostra natura. Inebriati da nuovi dei (come Dioniso per il mondo greco) possiamo riscoprirci feroci; tornare belve. Nelle Baccanti accade ad Agave, madre di Penteo, re di Tebe, che nel delirio della possessione dionisiaca fa a pezzi il figlio. Nella storia del nostro continente è accaduto per due volte nel secolo scorso. Resi folli dal nazionalismo, ci siamo massacrati nella Prima Guerra Mondiale. Un viaggio agli inferi, dentro il nostro lato oscuro, che abbiamo concluso due decenni dopo. Associando l’idea di razza a quella di nazione, facendo della dis-umanità una forma di governo e lasciandoci guidare dai peggiori demoni della nostra natura ci siamo distrutti. Non solo moralmente. In una Seconda Guerra Mondiale che ha ridotto l’Europa a un cumulo di rovine. Un’Europa che è di nuovo sotto attacco. Qualunque cosa si pensi di lui, Macron ha perfettamente ragione quando lo dice. Quando afferma che c’è chi sta preparando una nuova guerra civile europea. Sono i volti nuovi di un populismo che è semplicemente il fascismo di sempre. Con i feticci di sempre: la razza, l’etnia e la nazione intesa come identità tribale. Forse al servizio di un nuovo Dioniso orientale; di un nuovo zar che vuole ricostruire l’impero sovietico e compiere il sogno russo di avere libero accesso al Mediterraneo (sogno che, in fondo, è già stato alle origini della Grande Guerra). Di certo contro la ragione, strumento della sempre più dileggiata scienza “ufficiale” e contro la cultura, appannaggio delle maledette elite. Contro tutto quel che è speranza. Sfruttando i pregiudizi. Grazie a una crisi che ha reso plumbei gli umori. Presentandosi come salvatori di patrie che non corrono altro pericolo che quello rappresentato proprio da quei salvatori. Nazionalisti d’accatto. Basta pensare a Salvini, che ancora pochi anni fa disprezzava il tricolore. Ometti solo assetati di potere. Che vanno fermati con la forza di nuovi progetti e riaffermando antichi valori. Prima che la terra d’Europa, come quella del monte Citerone, torni ad intridersi di sangue. Se non del nostro, di quello dei nostri figli e nipoti, nel tragico finale di una tragedia che già stiamo vivendo. Senza accorgercene. Dimentichi che la pace in cui siamo sempre vissuti non è inevitabile. Magari tanto immemori del nostro passato, e delle sue decine di milioni di morti, da condividere i vaneggiamenti sovranisti di una Lega che gli ultimi sondaggi danno ben sopra al 20%.

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