mercoledì 18 aprile 2018

Sarà il prossimo Venticinque Aprile a dirci della nuova Italia,

di questa terza repubblica che non si capisce bene perché meriti di essere chiamata così e che proprio non sembra voler nascere. Secondo sua somma ignoranza Matteo Salvini, le elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia e Molise faranno il nome del presidente del Consiglio. Uno sragionamento da politicante di cui prendo atto. Impossibile usare il cervello per criticare una conclusione che non ha nulla a che vedere con i dettati della Costituzione e della logica. Quanto al cuore, preferisco usarlo per altro. Per cantare Bella Ciao con i miei figli e i miei amici, la sera della Festa della Liberazione. Festa, questa sì, che traccerà un confine. Da una parte ci sarà chi rivendica l’eredità morale della Resistenza; dall’altra staranno, con lo sguardo torvo e senza sorrisi, le schiere dei nuovi fascisti, con la camicia nera, verde o di qualunque altro colore. Sarà il momento di una definitiva e chiara scelta di campo. Senza la possibilità di terze posizioni. Una scelta che, a questo punto, dovrà fare anche il “nuovo” della nostra politica. “L’antifascismo non mi compete”, ha detto un paio d’anni fa il Grande Megafono. Un’esibizione dello stesso vigliacco opportunismo che fa ripetere ai capoccia del Mo’ vi mento di non essere né di destra né di sinistra. Un’ambiguità utile per raccattare consensi da tutte le parti ma che non può continuare. Davanti ai valori fondanti della Repubblica con la maiuscola non si può essere “altrove”. Se non si condividono, gettata la maschera e smentita qualunque pretesa di novità, si è gli eredi del peggio della nostra Storia. Sotto un velo sottile di politicamente corretto, e nonostante l'aria imbelle di Ciccino DI Maio, si è la feccia che risale il pozzo.

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