martedì 22 maggio 2018

Lo vogliono gli italiani.

Il sessanta per cento di loro, secondo i sondaggi, è favorevole al nuovo governo . Il suo presidente del Consiglio? Nessuno sa davvero chi sia. Tutti, però, sembrano conoscerne il  programma. Folle. Per certi versi vergognoso. Meno tasse, più spese e troveremo là fuori qualcuno cui far pagare il conto. Una specie di grande scaricabarile nazionale. Impossibile da realizzare. Che porterà quasi certamente alla fine dell’Europa e precipiterà il paese nel dramma. Che ci farà fare la fine della Grecia, ma solo se saremo molto, molto fortunati. Una discesa negli inferi tra gli applausi. In una tarda primavera che me ne ricorda altre. Altri momenti di follia collettiva. Il 9 maggio 1936. Con una tipica guerra d’aggressione, usando aviazione e gas contro un esercito armato di fucili, sì, ma di poco altro, abbiamo appena conquistato l’Etiopia. L’età coloniale è stra-finita. Le altre potenze europee, Inghilterra in testa, stanno pensando a come ritirarsi da imperi che ormai costa troppo mantenere quando Mussolini ne proclama uno. Per la gioia degli italiani. Di quasi tutti. Anche degli antifascisti. Tra le poche eccezioni, il giovane Pertini. Perché ha il carattere che ha. Perché ragiona. Come troppo italiani continuano a non fare il 10 giugno 1940. Altro discorso del duce. Piazza Venezia sempre gremita di una folla entusiasta. Si entra in guerra. Una guerra finta, sanno tutti. Contro una Francia già sconfitta e un’Inghilterra che firmerà la pace a giorni. Non ci sentiamo forti. Non per davvero. Ci sentiamo furbi. Furbissimi. Siamo ridicoli, come il pollo che si siede al tavolo da poker convinto d’avere a che fare con degli imbranati e si ritrova spennato. Ridicoli come siamo stati un decennio fa. La data? Otto maggio 2008. Si insedia il quarto governo Berlusconi. Lui racconta barzellette. L’elenco dei suoi ministri potrebbe esserne una. Ci va bene così, però, nonostante non si capisca in cosa speriamo. Forse nello stellone. Di certo siamo vittime di una campagna di disinformazione simile a quella di questi giorni. Siamo felici di esserci liberati di Prodi, ridicolizzata “faccia di mortadella”, demoniaco “affamatore di pensionati”. Uso la seconda persona plurale per non chiamarmi fuori. Perché non sono né leghista né grillino. Non tutti la pensavamo così. Anche in quel caso, a volere il nuovo governo, secondo i sondaggi era il sessanta per cento di noi. Un governo che nel giro di poco più di tre anni ci avrebbe condotto a un passo dalla catastrofe. Un passo che forse compiremo già nelle prossime settimane. Magari sotto gli ombrelloni di ferragosto. Una profezia delle più facili, se si è conservato l’uso della ragione. Se ci si è rassegnati a essere minoranza. Senza il minimo orgoglio. Con la disperazione nel cuore. E la certezza che quando gli italiani si trasformano in massa plaudente si avviano sempre verso la propria distruzione.
P.S. Non sono un profeta. So solo che finirà con la vittoria di russi e americani. Basta ricordare la storia e il poco latino necessario a chiedersi “cui prodest”?
P.P.S. Non sono un profeta, ma so benissimo che dopo non riusciremo a trovare un solo leghista o grillino. Dopo, quando avvieremo la ricostruzione. Spero tutti assieme. Spero, finalmente, avendo imparato qualcosa.

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