giovedì 17 maggio 2018

“Ogni ascesa del fascismo

reca testimonianza di una rivoluzione fallita;” scriveva Benjamin. Resta vero nell’Italia del 2018. La rivoluzione che non ha dato frutti, o che ne ha dato di pessimi, nel nostro caso è stata quella di Mani Pulite. Avrebbe potuto essere una vera liberazione, un ritorno della Repubblica alle proprie origini. Lo sarebbe stata, forse, se con l’acqua sporca della partitocrazia non avessimo gettato anche i partiti; se non ci fossimo sbarazzati, oltre che dei dirigenti corrotti, degli ideali che innervavano il nostro dibattito politico. Per un paio di decenni è sopravvissuta solo una generica opposizione destra – sinistra; opposizione peraltro falsa perché fondata, proprio dalla destra, su premesse ormai scadute, risalenti a una Guerra Fredda che era già finita ovunque tranne che per Berlusconi e i suoi elettori. Ora non resta più neppure quella. Il liberalesimo è pressoché estinto; il comunismo è ridotto a posizioni di testimonianza. Il PD e FI, le uniche forze di una qualche consistenza che possano più o meno essere ricondotte alla tradizione, sono sulla difensiva. Il resto, un resto assolutamente maggioritario, è fascismo. Magari ignaro, magari inconsapevole, ma fascismo. Né di destra (o di una destra sociale) né di sinistra, proprio come il fascismo che si vedeva come terza posizione. Gonfio di retorica populista e di un nazionalismo distruttivo. La stessa cara ai grillini (la definizione fascista dell’Italia come “grande proletaria” potrebbe essere loro). Lo stesso agitato dalla nuova Lega. “Gli stranieri non ci amano” potrebbe essere uno slogan dei leghisti che alle mussoliniane “perfida Albione” e “iniqua Marianna” hanno sostituito l’Europa causa di tutti i mali. Il tutto condito dai soliti pregiudizi anti-intellettuali (le odiate elite ...) e dalla condanna di tutta la politica precedente la fondazione del proprio salvifico movimento (la kasta). Del fascismo tardo, quello che aveva scambiato il bacio della morte con il nazismo, c’è anche il razzismo. Negato, magari, ma con scarsissima convinzione. Nei fatti rivendicato da Salvini (basti pensare alla campagna per l’elezione del governatore lombardo) e lasciato abilmente intuire da Grillo (cercate in rete le sue dichiarazioni, per esempio, su romeni e tunisini). Del fascismo ci sono state anche le minacce, contro politici, giudici e giornalisti, ma manca ancora l’aperta violenza. Svastiche e camicie nere, invece, marciano già per le nostre città. Sotto lo sguardo compiaciuto di Salvini. Mentre il sacro Megafono, tra una strusciatina e l’altra con CasaPound, ripete “l’antifascismo non ci compete”.

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