domenica 6 maggio 2018

Nove versi di PPP per questi tempi.

Un ripiano della mia libreria è tutto per te, Pier Paolo. Ci sono i tuoi romanzi, i tuoi scritti e le tue lettere. Ci sono anche tutte le tue poesie. Le mie compagne di tante sere. Poesie come le note dei tasti neri del pianoforte, quelle nella lingua di tua madre, che mi toccano il cuore con dita di nostalgia. Poesie scabre come le rocce di un deserto, quelle che la mia mano è andata a cercare l’altra notte. Scritte nella solitudine, non posso che immaginarti solo. Profetiche. Quelle della tua raccolta “Poesia in forma di rosa”. Figlie del loro tempo. Sembrano scritte per il nostro. Ho riempito quel volumetto dei foglietti che uso come segnalibro. Troppi, troppi versi memorabili. Tra loro alcuni, di “La Guinea”, che però devo riportare. Semplicemente, devo,
L'intelligenza non avrà mai peso, mai, 
nel giudizio di questa pubblica opinione. 
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai

da una dei milioni d'anime della nostra nazione, 
un giudizio netto, interamente indignato: 
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,

di questo popolo ormai dissociato 
da secoli, la cui soave saggezza 
gli serve a vivere, non l'ha mai liberato.

Vorrei che li leggessero i militi del fascio-leghismo. I revisori e ri-scrittori della nostra storia. I troppi elettori a moralità limitata e a memoria ridotta. Gli eterni reazionari. Pronti a sacrificare il capro espiatorio, a mettere sul rogo la strega e l’untore. Pronti a tutto pur di non cambiare nulla. Sempre in cerca di un’assoluzione collettiva. Coraggiosi nello scagliarsi contro l’infimo e il remoto. Contro il rifugiato mezzo morto di fame o i sempre nebulosi, mai specificati, poteri forti. Servi d’ogni padrone, nella realtà. Inginocchiati per un posto in regione, per continuare a non pagare le tasse o per i soldi di un lucroso appalto. Vorrei che leggessero quei versi e capissero. Parlano di loro, e sono del 1962. Li denudano. Li rivelano per quello che sono. Non l’avanzare del nuovo. Neppure il ritorno del vecchio.. La polvere sottile che da sempre vela la nostra società. La morchia perennemente infilata negli ingranaggi delle nostre istituzioni. Non la feccia che risale il pozzo. La feccia che, in realtà, in fondo al pozzo non è mai tornata.
P.S. Non vorrei che il termine fascio-leghismo creasse confusione. Non penso che la Lega sia una prosecuzione del fascismo. Tra mito del sangue e idoli pagani, l’immaginario leghista resta di stretta derivazione nazista.

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