martedì 13 febbraio 2018

Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me.

Erano quel che più ammirava Immanuel il regiomontano. Una legge morale che dobbiamo ritrovare. Senza la quale anche la politica insegue l’utile e il conveniente, si piega al necessario, ma non è più il collante di una compagine sociale. Smette di mirare al bene e apre la porta al male. Al risorgere del fascismo. Parliamoci chiaro. Il regime è stato un disastro da tutti i punti di vista, anche quello economico. Solo in una cosa è stato ammirevole: la propaganda. Condotta con strumenti del tutto nuovi, la radio e il cinema, e senza opposizione, continua a farsi sentire. Durante il ventennio i salari reali sono costantemente diminuiti, eppure c’è chi pensa che sia stata una specie di età dell’oro. Non avebbe importanza, se le considerazioni di carattere morale non fossero diventate ormai secondarie. Nemico delle libertà democratiche. Caduto tanto in basso da fare della discriminazione razziale una legge dello Stato. Fautore di una politica estera di conquista e dominio. Anche senza considerare la complicità con il nazismo, tutto questo dovrebbe bastare per condannare il fascismo senza se e senza ma. Sempre e comunque. Semplicemente perché immorale; perché contrario, per sua stessa definizione, alla nostra idea di giustizia. Nostra perché kantianamente innata? Intendiamoci, sensibilità diverse pongono in punti diversi l’equilibrio tra equità e libertà. I vari partiti nascono per quello. Alcune idee di fondo, però, ci devono accumunare. Devono, se non vogliamo ridurci a una vaga associazione di egoismi. Le troviamo già in Confucio, e nei Vangeli. Nella massima “fai agli altri quel che vorresti fosse fatto a te stesso”. Le ritroviamo anche nei filosofi contemporanei; per esempio, nell’invito di Rawls ad immaginare una società senza sapere che posto andremo poi a occuparvi. Per ricordarle, però, non dobbiamo né scrutare il nostro animo né perderci tra mille volumi. Basta che torniamo a leggere la nostra Costituzione. Sono tutte lì; riunite in un documento che è al tempo stesso pietra di fondazione, cemento e progetto. Il disegno di un edificio sociale che ogni forza politica dovrebbe voler contribuire a costruire. E se non è così va isolata. Lasciata a se stessa. Come per decenni è stato fatto con il Movimento Sociale? Come dobbiamo tornare a fare con chi, millantando utilità, necessità e convenienza, vorrebbe precipitarci di nuovo nell’ingiustizia.

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