lunedì 26 febbraio 2018

Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa.

Sì, caro giornalista, recita il Confiteor, prima di scrivere un altro articolo o di andare in onda con la prossima trasmissione. Prima di affettare preoccupazione e indignazione. Sei disgustato da questa campagna elettorale? Sicuramente. E ti angoscia che certi guitti siano prossimi governare. E non ti capaciti che davvero si stia discutendo di “difesa della razza” o dei meriti del fascismo. La nostra politica, però, non si è ridotta a questo nello spazio di un mattino. Quello che ora offende la tua squisita sensibilità democratica, la tua raffinata cultura e la tua indubbia intelligenza, è il punto d’arrivo di un percorso più che ventennale. Un percorso che tu hai tracciato. Proprio tu, assieme ai tuoi editori. Senza volerlo, credo. Solo per conservare qualche lettore o conquistare qualche spettatore. Solo per qualche lira o Euro in più. E’ l’unica attenuante che ti puoi concedere. Per il resto sei stato tu a rendere popolari gli urlatori. Li hai portati in televisione. Li hai invitati puntata dopo puntata. Perché facevano ascolto. Perché rendevano le tue telerisse infinitamente più divertenti delle vecchie tribune politiche. Le Santanchio o chi fossero a dominare gli schermi. Altri urlatori sulle prime pagine dei giornali. Titoloni riservati a ogni cavolata. Affermazioni da liquidare con un’alzata di spalle trasformate in tormentoni. E chi cercava di ragionare messo in un angolo. E chi non “bucava lo schermo” lasciato a casa. Perché grazie te, e a quelli come te, la politica era diventata spettacolo. Una forma d’intrattenimento come la stessa cronaca. Perché anche le notizie devono attirare pubblico; contribuire al fatturato. E niente attrae il pubblico come i morti. I morti e le emergenze. Reali? Poche. Le altre, a cominciare da quelle della sicurezza e dell’immigrazione, create ad arte. Emergenze strillate ogni giorno, tutto il giorno, e commenti affidati a personaggi da avanspettacolo che facevano a gara a chi la sparava più grossa; a chi sapeva meno, ma accusava, insultava e strepitava, di più. Commedianti di bassa lega che hai fatto diventare protagonisti di quella politica che ora ti scandalizza. Modi di argomentare che hai incoraggiato e ora ti fanno scuotere la testa. Mentre ti chiedi come e perché in inchieste, servizi e coraggiosi (ma quando mai) libri denuncia. Altre inutili geremiadi nel paese delle geremiadi. In una società intossicata dai veleni che tu hai contribuito a diffondere. In una vita pubblica invasa da una barbarie cui tu, proprio tu, con le tue scelte, hai aperto la porta.

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