domenica 10 dicembre 2017

Volontà generale e volontà di tutti.

(Sui ducetti del qualunquismo.)
Quelli sopra sono due concetti che è importante avere ben chiari in testa. Concetti elementari, introdotti suo tempo da Rousseau e che appartengono all’abicì della politica. Un esempio aiuta a capirli. Pensate alle tasse. Nessuno vorrebbe pagarle. La volontà di tutti sarebbe di vederle scomparire. Tutti, però, vogliamo strade, fognature, acquedotti, scuole e ospedali. Per quanto possiamo essere liberisti, sappiamo che nessuno stato può reggersi senza infrastrutture e che per coprirne i costi si devono pagare delle imposte. Detto altrimenti, è volontà generale che le tasse continuino ad esistere. Fin qui tutto chiaro? Per te sì, ma non per i tanti pronti a votare la “destra populista”. Uno degli stratagemmi più semplici usati dagli imbonitori della politica per procurarsi consensi, infatti, si basa sulla confusione tra i due termini. Li abbiamo appena visti all’opera nel fu Lombardo-Veneto. Cosa è accaduto da quelle parti? Si è contabilizzata (o tentato di contabilizzare) la volontà di tutti ignorando la volontà generale. Un interesse collettivo che viene regolarmente tenuto nascosto dai vari capipopolo. “La gente vuole,” dicono, ma, si tratti di alzare muri, introdurre dazi o uscire dall’Euro, tacciono quali sarebbero le conseguenze per la società nel suo complesso di quel che “la gente” sembra volere. Rousseau, invece, considerava preponderante proprio l’interesse collettivo. Secondo lui, la condizione per cui una società raggiunga il massimo grado di libertà è che tutti i suoi membri rispettino, appunto, la volontà generale. La penso come lui. E se qualcuno non fosse d’accordo? Rousseau voleva che fosse obbligato a conformarsi; che fosse costretto a essere libero. Da parte mia continuo a credere che questo sia un controsenso; che alla libertà, e a comprendere le responsabilità che ne derivano, non si possa obbligare, ma si debba educare. Un’educazione che dovrebbe venire prima di qualunque affiliazione e che comincia proprio con la comprensione dei termini del dibattito politico. Nonostante i troppi ducetti e il rumore delle loro bordate qualunquiste, di quello che dovrebbe essere, prima di tutto, confronto tra idee.

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