venerdì 19 gennaio 2018

L’Italia ha un’anima

e per questo è un grande paese. Enormemente più grande delle sue dimensioni fisiche. Un vero e proprio subcontinente. Solo l’India, con il suo miliardo e più di abitanti, due religioni e almeno una ventina di lingue principali, le è paragonabile. Sono entrambe penisole che una catena di montagne sigilla come provette. Terre benedette dal clima, ricche quasi per definizione, che hanno subito mille invasioni e attratto i popoli più diversi. Diversità, parola chiave. Le mille lingue locali dell’Italia. La mia è la prima generazione che parli davvero l’Italiano. I nostri padri spesso gli preferivano il dialetto. I nostri nonni non lo parlavano quasi mai. I nostri bisnonni, a volte neppure lo capivano. I mille volti degli italiani. Volti inaspettati. Siciliani che sembrano scandinavi e valligiani con gli occhi a mandorla. Il risultato d'infinite mescolanze, cominciate all’alba della storia. Inutile cercare di definire l’italianità in termini etnici o linguistici. E’ fatta d’altro. Di un certo modo di vivere. Di un certo modo di fare. Di uno spirito. Visito il museo archeologico di Copenaghen. Le torbiere restituiscono, perfettamente conservati, dei corpi dell’età del bronzo. Ci sono anche i loro vestiti. In una teca, un mantello. E’ decorato con disegni “optical” che sembrano arrivare dritti dagli anni sessanta o settanta. Disegni, linee, che nella loro armonia hanno qualcosa di ... be’, di Italiano. E’ di lino, leggo poi; di un lino finissimo, che faremmo fatica a tessere anche oggi, e che arriva, guarda caso, dall’Italia Settentrionale. Cosa mangerete stasera? Spaghetti pomodoro e basilico o pizzoccheri? Del baccalà alla palermitana o una bistecca alla milanese? Se è un piatto della nostra tradizione, di sicuro è fatto di pochi ingredienti, di una preparazione semplice e di un colpo di genio. E’ stato pensato all’italiana. Una banalità? Sto per scrivere che l’Italia è tenuta assieme dall’espresso? No. Voglio dire che esiste un carattere italiano: un certo modo di vedere il mondo e di rappresentarlo, di affrontare e risolvere i problemi, che è antichissimo, che non è davvero definibile, ma che credo sia sempre riconoscibile. Aristotele definiva l’anima come la forma del corpo; quello che lo identifica nonostante possa essere fatto dei materiali più disparati. Diversi come le infinite stratificazioni della nostra identità. Inutile descriverla tirando in ballo i concetti, peraltro sempre ridicoli, di razza e sangue. L’italianità è fatta di spirito, di “psiche”; appunto, di anima. Per questo dura da millenni e durerà millenni. E’ sopravvissuta alle dominazioni straniere e alle idiozie del fascismo. Sopravvivrà ai vaneggiamenti dei nazional-populisti da operetta e alla follia di questi giorni.

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