venerdì 26 gennaio 2018

Svolazza l’avvoltoio della Padania,

con le ali obese di consensi. Svolazza, vede i morti di Pioltello e scende in picchiata. Si precipita e spara subito, senza attendere di sapere come e perché quel treno sia deragliato. Da vero pallista dell’Apocalisse. Spara contro i “tagli del PD.” Senza vergogna e senza memoria. Quasi non fosse a capo di un partito che ha guidato il paese accanto a Silvio B. per buona parte di un ventennio. Complice di un saccheggio dell’erario paragonabile solo a quello pentapartitico. Che si è rassegnato a mollare i cadreghini, nel novembre 2011, solo quando nelle casse dello Stato c’erano sì e no i soldi per arrivare alla fine del mese. Di che starsene zitti per secoli. Specie se si parla di ferrovie e, a suo tempo, si è deciso di destinare miliardi al buco nero della Tav in Val di Susa. Che visione strategica! Senza Fukushima staremmo pagando anche per la costruzione di nuove centrali nucleari. Tornando al 2011, però, chi diceva allora “il tricolore non mi rappresenta”? Certo, l’avvoltoio stesso medesimo, quando era indipendentista. Oggi, però, è cambiato. Si cresce. Si matura. Lui, poi, è un vero trottolino ideologico. Frequentatore giovanile del Leoncavallo e fondatore dei Comunisti Padani, adesso è comparuzzo di Marine Le Pen e se ne va a braccetto dei fascisti. Bello schifo. Anche per i fascisti dico. L’Italia, comunque, continua a non essere il suo paese. Non ne sa nulla. Neppure che è il secondo esportatore dell’UE. E già: prima c’è la Germania, ma subito dopo ci siamo noi. La globalizzazione? Per noi si sta rivelando una manna. Lo dimostra la nostra bilancia commerciale. Mentre il nostro mercato interno resta bloccato (ed è quello il Problema) esportiamo di tutto e dappertutto. Gli americani, poi, da soli ci lasciano nelle tasche ventiquattro miliardi l’anno. Di che rabbrividire alla sola idea che introducano dazi? Lui, invece, applaude The Donald. Di più: vorrebbe imitarlo. Siamo in super-attivo esportando generi voluttuari (si può vivere anche senza borsette della Bottega Veneta), importiamo più che altro petrolio (di cui al momento non possiamo fare a meno) e dovremmo avviare una guerra commerciale. Neanche fossimo impazziti. O non capissimo l’ABC dell’economia. Com’è certo il suo caso. In politica dall’infanzia, senza mai aver lavorato un solo giorno, è famoso solo come assenteista al parlamento Europeo. Non sa, ma parla. Straparla. Se andrà al governo, dice, se ne sbatterà del limite del tre per cento nel rapporto tra deficit e Pil. Intendiamoci, quella soglia non è sacra. Accordi a parte, potrebbe avere senso superarla per fare dei veri investimenti. Sarebbe criminale, invece, varcarla per comprare consenso; per sistemare gli amicuzzi in stile padano-federale. Discorsi teorici, a ogni modo. Perché? Dovremmo fare altri debiti e c’è una regola fondamentale a riguardo: si può avere in prestito solo quello che qualcuno è disposto a prestare. E là fuori non ci sarebbe certo la fila per comprare i titoli di Stato di un’Italia tornata a spendere e spandere. Non li voleva proprio nessuno, in quel maledetto 2011. Quando la crisi non c’era, diceva Silvio, i ristoranti erano pieni e, cavolata dopo cavolata, palla dopo palla, siamo arrivati a un passo dal fallimento.

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