mercoledì 14 marzo 2018

“La parola ‘intellettuale’ era diventata un insulto.


Significava che una persona non capisce la vita e si è allontanata dal popolo.” Lo scrive Milan Kundera, nel “Libro del riso e dell’oblio”, parlando dello stalinismo, prima di aggiungere: “Tutti i comunisti che erano impiccati da altri comunisti venivano gratificati con quell’ingiuria.” 
Accade sempre. In tutti i regimi. Da quello nazista alla Cambogia di Pol-Pot, in cui pare bastasse portare gli occhiali per essere fatti fuori. Squalificare gli intellettuali, nemici del popolo e potenziali traditori della Patria, è tra gli obiettivi primari di tutte le dittature. Perché gli intellettuali, per definizione, possiedono strumenti critici e capacità di pensiero autonomo. Perché conoscono quella Storia che i regimi in formazione hanno una gran fretta di riscrivere. 
Regimi come quello che in Italia non c’è ancora, ma sta costruendo le proprie premesse. Tra queste, proprio un costante dileggio delle “elite intellettuali”. Elite mai ben precisate, ma la vaghezza, la nebulosità, l’essere tutto e il suo contrario, ha accompagnato l’ascesa al potere dei duci e ducetti di ogni epoca. Intellettuali che da noi, questo sì, sono una minoranza dentro una minoranza. Tutto il loro pubblico è quel 4% degli adulti che legge la metà dei libri venduti ogni anno in Italia. Il resto del paese non legge. Anche quando ha un titolo di studio. Dopo averlo raggiunto non toccano più un libro il 20% dei laureati e il 40% dei diplomati. Stando alle statistiche, il 96% degli italiani compra mezzo, sì mezzo, libro l’anno. E tra i libri ci sono i ricettari di cucina e le guide di giardinaggio. 
Una realtà che rende ridicole le accuse a scrittori e artisti. Sono colpevoli, se per caso, solo di una cosa: di non avere capito la propria irrilevanza. Di essere dei pesci rossi rimasti prigionieri di quel piccolo acquario di lettori. Senza vedere oltre il vetro. Senza rendersi conto che il paese reale è altro. Fatto di quella brava gente con poche letture, e pronta a bersi qualunque panzana, che è la carne da cannone di tutti i fascismi. Anche di quello che sta tornando. Magari in un'altra forma. Magari senza la camicia nera. Con le offese di sempre a chi cerca di ragionare; a chi si sforza di fornire dei dati. Attaccando i giornalisti assieme agli intellettuali. Proprio come sta facendo Trump in America. Per poter strillare che le notizie che non piacciono sono “fake”. Per riscrivere anche il presente e il futuro con le mani libere. Dalle pastoie della “cultura ufficiale asservita ai poteri forti”? No: da qualunque rapporto con il reale. Con una realtà che, mentre passano i regimi fondati sulla menzogna e l’illusione, resta l’unica, eterna, rivoluzionaria.

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