giovedì 15 marzo 2018

Un piatto di spaghetti con le vongole.

Se cerchi delle ragioni per sperare nell’Italia, puoi trovarle anche lì. Alla prima forchettata capisci perché. Potrà avere dei problemi, il popolo che ha creato quella raffinata combinazione di sapori, odori e consistenze, ma ha anche del genio. Dell’intelligenza e altro. Cominciamo dalla lista della spesa. Oltre a spaghetti e vongole servono solo olio, aglio, prezzemolo e un mezzo bicchiere di vino bianco. E sale e pepe, ovvio. Certi paragoni sono antipatici, ma pensiamo ai nostri cugini francesi. Sono bravi in cucina. Non sono dei barbari per cui buono più buono deve fare qualcosa di ancora più buono. (Qualunque riferimento alla mentalità a stelle e strisce è voluto.) Per fare uno stufato, però, hanno bisogno di una ventina d’ingredienti; per una salsa ne servono loro una decina. Poveri: lavorano per approssimazione. Questo serve per bilanciare la punta acida di quello; altro serve a compensare il gusto troppo dolce di altro ancora. Noi, no. Siamo crociani anche in cucina: i nostri piatti nascono da folgoranti intuizioni. Sono poesie fatte di pochi ingredienti. Pochi, ma scelti con cura maniacale. Le vongole? Chi le preferisce grosse, carnose e delicate; chi le vuole piccole e sapide. Tutti abbiamo in ideale platonico di vongola da comparare con quelle reali che troviamo al mercato. Gli spaghetti? Possiamo dibattere per ore di marche e tipi di trafilatura e spessori. Non dibattiamo, invece, sull'olio, ma solo per non ferire orgogli regionali e provinciali. Lo stesso per quel mezzo bicchiere di vino bianco: i gusti son gusti. Però, dove è meglio sfumarlo? Nella padella delle vongole appena aperte o in quella in cui abbiamo fatto soffriggere l'aglio, dopo aver aggiunto l'acqua rilasciata dalle vongole? E l'aglio? Si confrontano diverse scuole di pensiero. Spellato o in camicia? Tritato, tagliato a fettine, schiacciato o intero? Si discute. Certo mai quanto sul significato del termine “al dente”. Perché siamo tutti d'accordo che gli spaghetti (mai spaghettini, per carità) debbano essere al dente, ma tra Nord e Sud abbiamo idee molto diverse sull'ubicazione di quel punto di cottura. Punto sfuggente, perché lo si supera in una manciata di secondi, e idee lontane, a conti fatti, un minuto o massimo due. Non mi venite a dire che gli italiani non hanno il senso del tempo. E non mi parlate di rigore teutonico: gli italiani in cucina sono meticolosi come pochissimi. Avrebbero dentro di sé, anzi, quel che serve per essere tra i migliori in tutto. Avrebbero, se fossero così attenti ai dettagli anche lontani dai fornelli. E comunque il prezzemolo dev’essere asciugato bene prima d’essere tritato, altrimenti annerisce. E va tritato all’ultimo minuto se si vuole che conservi il proprio aroma. Questo è risaputo. Il peperoncino, piuttosto, ce lo mettiamo o no? E come? E dove? E quando?

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