mercoledì 7 marzo 2018

Non c’è stata l’onda nera,

scrive qualcuno, commentando gli insuccessi di CasaPound e Forza Nuova, mentre molti già si preparano ad accogliere i nuovi padroni. Si sa, da noi non mancano mai gli zerbini. Forse, però, è solo voglia di essere ottimisti; di trattare in modo normale quel che, comunque, non è normale. Il libro da leggere, una volta di più, è “La ribellione delle masse”. Manuel Ortega Y Gassett lo pubblicò nel 1930. Resta fondamentale per comprendere l’ascesa dei totalitarismi. Dei fascismi visti, appunto, come ribellione delle masse travolte da una crisi economica e deluse dalla modernità. Illuminante, in particolare, la definizione che Ortega Y Gassett dà del carattere fascista: quello di chi “è ignorante e fiero della propria ignoranza”. Fascisti che, se descritti così, sono ovunque in questa Italia ignorante come non mai. Che non legge, come sempre. Che non guarda più nemmeno i telegiornali. Incapace di capire anche i termini più elementari dell’economia; convinta che la ricchezza si possa generare con trucchi contabili. Un’Italia vittima dei populismi; che ripete ossessiva battute e slogan messi in Rete da chissà chi. (E già: da chi?) Un’Italia carnefice, che sorride con l’arroganza degli stolti. Cinica. A cui nessuno la racconta. Che non è nata ieri, ma è pronta a bersi le più incredibili panzane. Priva di strumenti critici, senza la minima cultura scientifica e, stando alle statistiche, popolata da analfabeti di ritorno. Ignoranti che, però, dicono la loro su tutto. Perché uno vale uno. Perché tutte le opinioni hanno lo stesso valore. E qualcosa orecchiato al bar vale quel che gli altri hanno imparato in una vita di studio e lavoro. Altri che sono diventati orride elite. Anche se insegnano per uno stipendio che è quello che è. Anche se scrivono su un giornale per uno stipendio che non c’è. Elite colpevoli di sapere. Il cui crimine è la ragione. Quella che si oppone alla propaganda dominante. Martellante. Onnipresente. Una propaganda che trasforma la feroce cleptocrazia mussoliniana in una specie di età dell’oro. Che dimentica come siano stati i governi del pentapartito a fare esplodere il debito pubblico. Che non ricorda come i leghisti e Berlusconi abbiano condotto il paese sull’orlo della rovina. Come lo abbiamo guidato fin lì e poi siano scappati indecorosamente. Leghisti screditati dalla propria storia. Il cui successo, in particolare, non ha nulla a che vedere con quel che sarebbe lecito attendersi in una democrazia. Reso possibile solo dalla narrazione di un’Italia invasa da milioni di africani e in preda alla criminalità che è quasi il contrario di quella reale; del sonnolento paese che, per le statistiche, in questi decenni è diventato uno dei più sicuri al mondo. Ma si tratta di numeri. E l’ignorante fiero della propria ignoranza li odia. Li odia come odia la realtà. Come non ama la libertà perché non sopporta la responsabilità. Responsabilità da cui fugge rifugiandosi nel sogno. Nel delirio romano-imperiale, quasi cent’anni fa. Nell’illusione sovranista, oggi. In uno strano sovranismo per conto terzi (e prima o poi sapremo dei suoi manovratori) che del fascismo non sembra aver conservato né il volto né i modi, ma che è profondamente fascista nell’anima.

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