venerdì 30 marzo 2018

Prenderei la chiave della cella e la butterei via.

La cella in cui richiuderei gli apostoli della violenza. I cattivi maestri, che esistono eccome. Tutti quelli che fanno proselitismo tra i giovani a favore di questo o quel movimento terroristico. Giustissimo, quindi, che il reclutatori dell’Isis finiscano in carcere. A maggior ragione se, come a Foggia, predicano la necessità del martirio a dei bambini. Un episodio che unito a quello di Torino, dove operava un altro propagandista della jiahd, ci invita a non abbassare la guardia. Questo, di sicuro. Se basti per parlare di una minaccia incombente, addirittura di un pericolo che non sarebbe mai stato così alto, è invece qualcosa che lascio giudicare al ministro degli Interni. Un ministro che, però, soffre di strabismo. Nel corso del 2017, a minacciare, pestare, massacrare e sparare, da noi non sono stati gli islamici; sono stati soprattutto i neo-fascisti. Gli appartenenti a una galassia di associazioni nere che opera alla luce del sole, sicura della propria impunità. Nonostante la XII disposizione finale della nostra Costituzione, che vieta la riorganizzazione del partito fascista. Malgrado la legge Scelba preveda il reato di apologia del fascismo. Di un fascismo che è tornato a marciare per le vie delle nostre città. Tra saluti romani e sventolare di svastiche. Sotto gli occhi delle forze dell’ordine. Senza che il ministro o la magistratura si siano sentiti in dovere di intervenire. Apparati dello Stato che hanno scelto di far finta di nulla. Per complicità, viltà o va sapere cosa. Zitti prima, lasciando che i referenti politici delle teste rasate si presentassero alle elezioni. Muti oggi, mentre le forze politiche che hanno ammiccato a quelle teste rasate si apprestano a governare. Mentre l’applauso di chi sta sempre dalla parte dei vincitori copre lo scalpiccio degli anfibi.

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